sabato 23 ottobre 2010

2 - Come si finisce nel rullo compressore dello sport agonistico?

Ricordo benissimo quella sera. Siamo seduti sugli spalti di un palazzetto sul Lago d’Iseo. Si giocano i campionati regionali e in campo c’è mio figlio maggiore. Jason ha cinque anni e mezzo ed è seduto in mezzo a noi. Da quando ha scoperto la palestra. con suo padre e suo fratello, ha preso a giocare.
Si avvicina Lisa Piantanida, all’epoca presidentessa del TTA (Tennis Tavolo Angera).
– Vorrei parlarvi di Jason – dice.
A me passa un brivido gelato nella schiena. Lei continua. – Non so spiegarvelo meglio, ma lui ha un talento naturale. Sente la pallina. Io vorrei seguirlo.
Accettammo, e da quel momento Jason divenne la speranza del TTA.
Non avrebbe giocato in tornei e campionati fino agli 8 anni, come da regolamento, ma si allenava come se dovesse andare in campo. Non arrivava al tavolo, ma era incredibile quel che riusciva a fare anche grazie alla sua allenatrice, Velislava Veleva (Vili).  E a casa, davanti al tavolino della sala, provava le battute senza racchetta e senza pallina.
Può giocare solo nei piccoli tornei sociali ed eccolo alla sua prima premiazione (è il più piccino).

Poi, a 8 anni appena compiuti, esordì.
Era il 1999 e giocò nel TTA fino al 2002. In quegli anni, oltre a diversi tornei, conquistò due medaglie d’argento ai Campionati italiani, nel doppio maschile giovanissimi.
Proprio in occasione del secondo successo, a Terni, suo padre venne avvicinato dal presidente della società Corona Ferrea di Monza, Roberto Savoia, e dall’allenatore Stefan Stefanov che gli chiesero in prestito Jason per un anno.
Accettammo, e per Jason iniziò una nuova fase.
Monza, da casa nostra, sta a circa un’ora e mezzo di macchina. Jason ci andava una volta la settimana, appena uscito da scuola. Gli altri 4 giorni della settimana, continuava ad allenarsi con Vili nella palestra del TTA. A Monza rimane fino al 2005 e disputa i Campionati D2, D1 e C2. 2005 . Vince un bronzo ai Campionati italiani, categoria ragazzi e diversi tornei, ma soprattutto compie il passaggio dall’infanzia all’adolescenza che per uno sportivo è ancora più delicato.
Nel 2005, sempre a Terni, durante i campionati italiani, mio marito viene contattato dal T.T. Pieve Emanuele, uno dei club più titolati d’Italia, che gli chiedono in prestito il ragazzo.

Ancora una volta, dicemmo di sì.

2 commenti:

  1. Fa una rabbia vedere questo scricciolo giocare come se non fosse nato per fare altro... mi ricorda LA LEVA CALCISTICA DEL 77 di de Gregori: "Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette"

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  2. Ma perché uno non dovrebbe dire di sì? O a questi signori è questa la lezione che bisogna dare: imparare a dire di no?

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