Ricordo benissimo quella sera. Siamo seduti sugli spalti di un palazzetto sul Lago d’Iseo. Si giocano i campionati regionali e in campo c’è mio figlio maggiore. Jason ha cinque anni e mezzo ed è seduto in mezzo a noi. Da quando ha scoperto la palestra. con suo padre e suo fratello, ha preso a giocare.
Si avvicina Lisa Piantanida, all’epoca presidentessa del TTA (Tennis Tavolo Angera).
– Vorrei parlarvi di Jason – dice.
A me passa un brivido gelato nella schiena. Lei continua. – Non so spiegarvelo meglio, ma lui ha un talento naturale. Sente la pallina. Io vorrei seguirlo.
Accettammo, e da quel momento Jason divenne la speranza del TTA.
Non avrebbe giocato in tornei e campionati fino agli 8 anni, come da regolamento, ma si allenava come se dovesse andare in campo. Non arrivava al tavolo, ma era incredibile quel che riusciva a fare anche grazie alla sua allenatrice, Velislava Veleva (Vili). E a casa, davanti al tavolino della sala, provava le battute senza racchetta e senza pallina.
Può giocare solo nei piccoli tornei sociali ed eccolo alla sua prima premiazione (è il più piccino).
Poi, a 8 anni appena compiuti, esordì.
Era il 1999 e giocò nel TTA fino al 2002. In quegli anni, oltre a diversi tornei, conquistò due medaglie d’argento ai Campionati italiani, nel doppio maschile giovanissimi.
Proprio in occasione del secondo successo, a Terni, suo padre venne avvicinato dal presidente della società Corona Ferrea di Monza, Roberto Savoia, e dall’allenatore Stefan Stefanov che gli chiesero in prestito Jason per un anno.
Accettammo, e per Jason iniziò una nuova fase.
Monza, da casa nostra, sta a circa un’ora e mezzo di macchina. Jason ci andava una volta la settimana, appena uscito da scuola. Gli altri 4 giorni della settimana, continuava ad allenarsi con Vili nella palestra del TTA. A Monza rimane fino al 2005 e disputa i Campionati D2, D1 e C2. 2005 . Vince un bronzo ai Campionati italiani, categoria ragazzi e diversi tornei, ma soprattutto compie il passaggio dall’infanzia all’adolescenza che per uno sportivo è ancora più delicato.
Nel 2005, sempre a Terni, durante i campionati italiani, mio marito viene contattato dal T.T. Pieve Emanuele, uno dei club più titolati d’Italia, che gli chiedono in prestito il ragazzo.
Ancora una volta, dicemmo di sì.
Fa una rabbia vedere questo scricciolo giocare come se non fosse nato per fare altro... mi ricorda LA LEVA CALCISTICA DEL 77 di de Gregori: "Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette"
RispondiEliminaMa perché uno non dovrebbe dire di sì? O a questi signori è questa la lezione che bisogna dare: imparare a dire di no?
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